29 maggio 1967

Elio Marchegiani
Progetto Mercury -progetto Minerva

Catalogo: testo di Maurizio Fagiolo

elenco delle opere: Body Milk 1965, Deus ex machina 65-66, Progetto Mercury 1965-66, Womanscape 1966-67,Totalpiece 1967, Minerva 1967

 

 

 

Il destino si chiama Clotilde

Arnaldo Romani Brizzi

Mi ricordo il giorno in cui vidi passare per via Sistina Irene Brin e Palma Bucarelli, l’una accanto all’altra, sottobraccio, elegantissime e molto belle: Irene Brin sembrava un dipinto di Campigli (scoprii, anni dopo, che Campigli, effettivamente, l’aveva ritratta); Palma Bucarelli era bella come una diva, con degli occhi giganteschi che andavano da tutte le parti (sempre anni dopo vidi il ritratto che le aveva fatto Alberto Savinio).

Ero piccolo, avevo quattordici anni, e procedevo per via Sistina con mia madre. Fu lei a dirmi chi fossero le due singolari, eleganti e bellissime signore. In particolare mamma ammirava Irene Brin, famosa come Contessa Clara, pseudonimo con cui scriveva, o aveva scritto, su La Settimana Incom (una delle riviste di cui mia madre era una lettrice appassionata).

L’aveva molto seguita anche su Harper’s Bazaar, rivista la cui passione condivideva con le sorelle sarte, su Grazia e su Annabella.

Di ritorno dalle commissioni che mia madre doveva fare, decise di farmi vedere la Galleria L’Obelisco, che era la galleria d’arte che Irene Brin aveva fondato e dirigeva con il marito Gaspero del Corso.

Erano i primi di giugno del 1967, e le opere esposte si rivelarono, per me e al tempo, stranissime: si trattava della mostra Progetto Mercury-Progetto Minerva, dell’artista Elio Marchegiani (chi avrebbe mai pensato che, in età adulta, avrei scritto sull’arte di Marchegiani, nonché presentato delle esposizioni, come Raffinato Rosa 700-007, presso la mia galleria Il Polittico; e che sarei diventato collezionista di sue numerose opere. Come sosteneva Guareschi Il destino si chiama Clotilde!).

Mamma commentò: «Una mostra molto avveniristica, non è vero?». Il termine avveniristico mi piacque molto, e da quel giorno presi a visitare la galleria, di tanto in tanto.

Due anni dopo, nel 1969, Irene Brin morì, ma io mi ero già lanciato verso altre esperienze della creatività coeva.

Dopo diversi anni, quella Clotilde del destino alla Guareschi mi diede la possibilità di conoscere Gaspero del Corso.

Già affiancavo Italo Mussa nella direzione del Centro di Cultura Ausoni, nell’ex Pastificio Cerere. Proposi a Italo, in considerazione del grande spazio che avevamo a disposizione, di realizzare una mostra collettiva dedicata alle migliori gallerie attive a Roma (mostra intitolata Galleristi a Palazzo): risultò inevitabile invitare L’Obelisco; in più chiedemmo a Gaspero del Corso di scrivere un testo che lui intitolò Storia di una Galleria, e nel quale tracciò in sintesi la lunga vicenda di quello spazio espositivo all’epoca tanto all’avanguardia (ricordò anche la mostra di Elio Marchegiani che aveva acceso in me il sentimento della contemporaneità).